FAQ

Alcune delle domande che più frequentemente ci vengono rivolte da i genitori che si avvicinano per la prima volta al pensiero Montessoriano. Le risposte sono state sviluppate assieme a Grazia Honegger Fresco ed a Mario Valle.
Certo, i bambini restano delusi, soprattutto passando dalla Casa dei Bambini (scuola dell’infanzia) a una Primaria tradizionale, dove devono fare le cose per obbligo, in tempi rigidamente calcolati nonostante siano ancora molto giovani, tanto peggio se vi entrano a cinque anni e mezzo. Diverso è invece il passaggio alle Medie: soprattutto se hanno cominciato dal Nido Montessori, allenati alla libera scelta responsabile fin da piccoli, sono più forti e consapevoli. Hanno ormai acquisito senso di responsabilità nel modo di lavorare e di agire con gli altri, capacità di autoregolarsi, di criticare e di collaborare. D’altro canto nell’ultimo anno della Primaria Montessori si cerca di prepararli a fronteggiare la diversità che li aspetta: il sistema dei voti, delle gare, delle interrogazioni e soprattutto l’impossibilità di scegliere. Per arrivare a ciò nella scuola Montessori si ritiene indispensabile fortificare i bambini facendoli vivere in un ambiente non ansiogeno, non arrivista e giudicante almeno nei primi anni.

No, la libertà così come intesa da Maria Montessori non è assolutamente anarchia, al contrario il metodo è concepito in modo tale da far emergere e far comprendere ai bambini l’importanza della disciplina, dando loro gli strumenti per imparare a regolarsi da soli ed a seguire le regole. Esistono infatti regole di comportamento ben precise e chiare. Come disse un allievo di una scuola Montessori: “Qui non facciamo quello che vogliamo, ma vogliamo quello che facciamo!”
La volontà di un bambino a essere attivo, a operare intensamente è quindi strettamente connessa al poter operare scelte libere tra le tante offerte esposte nell’ambiente, senza che l’adulto gli dica che cosa deve fare. L’adulto è solo il responsabile dell’ambiente, ambiente che è come una bella tavola apparecchiata per un pranzo in piedi, dove ognuno consuma ciò che preferisce.
Inoltre il bambino o il ragazzo, assieme alla libera scelta, opera anche un’assunzione di responsabilità circa l’uso dei materiali. Questi non vanno sciupati, vanno rimessi a posto alla fine e vanno usati in modo congruente (non si adopera un’arancia per giocare a palla o un cucchiaio da tavola per scavare la terra!).
Questa responsabilità non è proprio il “fare ciò che voglio” nel solito senso prepotente e ambiguo della frase.

In tanti anni di esperienze questo non si è mai verificato proprio perché —si tratti di Nido o di Scuola— le scelte sono moltissime, allettanti, variegate. Gli adulti le presentano senza però obbligare a fare e i bambini, che in principio per rassicurarsi tendono a prendere un po’ sempre le stesse cose, poi sono attratti dal nuovo. La loro bella intelligenza non conosce la pigrizia: vedono le attività degli altri e vogliono provare anche loro. Piccoli assaggi e poi si buttano con entusiasmo in nuove attività in corrispondenza a esigenze profonde di scoperta. È l’inizio del piacere di agire, che nasce dalla persona stessa. Gli stimoli esterni, i pungoli, i divieti, gli obblighi agiscono invece esattamente in senso contrario.

Aver costruito la propria indipendenza è basilare nella vita adulta, ma è una facoltà che non si improvvisa, piuttosto va costruita dalla primissima infanzia, non distraendo di continuo il bambino. Indipendenza significa non dipendere dall’adulto o da un compagno più abile in ciò che si può fare da soli: la cura della persona, mangiare, vestirsi e spogliarsi, lavarsi eccetera.
Chiarito questo, in una scuola Montessori vi è tanta interazione quanto i bambini desiderano, ma lavorare con i materiali spesso è così appagante che, per queste poche ore al giorno, i bambini preferiscono padroneggiare le sfide che questi materiali offrono loro. E così diventano più felici e gentili e questa è la base della vera socializzazione. Il bambino sceglie di lavorare da solo perché è interessato proprio a quel lavoro e non vuole essere disturbato. In questo modo raggiunge la massima concentrazione. Nell’arco della giornata si alternano altresì momenti in cui il bambino si aggrega e lavora a piccoli gruppi e a grandi gruppi, oltre a momenti di gruppo proposti dalle insegnanti come il “cerchio”, un occasione di condivisione per raccontare, cantare e molto altro.
Le maestre Montessori sono particolarmente allenate a osservare il singolo bambino e i piccoli gruppi che si formano spontaneamente. Non sta seduta alla cattedra e non impartisce ordini. Quando i bambini non ci sono, prepara con cura l’ambiente in ogni particolare sulla base delle esigenze che ha osservato, per cui le proposte sono sempre adeguate. Se poi risulta che non è esattamente così, lei è pronta a modificare, a preparare altro.
L’ambiente preparato è come un altro maestro: silenzioso, indiretto ma potente. È un tacito invito ad agire. Quando la maestra lavora con uno o più bambini, gli altri sono occupati in tante altre cose, scelte da loro stessi, quindi interessanti per loro. Lei non li perde mai di vista, ma offre il suo aiuto diretto solo a quelli che sta seguendo da vicino in quel momento. Nel corso della giornata offre via via la sua presenza a ciascuno di loro. Le lezioni sono di solito individuali e brevi, cioè durano il tempo necessario affinché il bambino possa fare da sé. Anche gli oggetti e i materiali sono studiati in tal senso e la maggior parte di essi permette al bambino di controllare autonomamente se ha fatto bene o no e questo favorisce il piacere di ripetere e di concentrarsi.
Innanzitutto questa è una delle regole che accompagnano il nostro modo di lavorare. Questo però non dipende dal controllo degli insegnanti, ma sono i bambini stessi a maturare un alto grado di autodisciplina. E’ altresì evidente che la tranquillità ed il silenzio sono manifestazione della concentrazione del bambino nello svolgimento delle proprie attività.
Un cactus non sopravvive trapiantato in alta montagna, né un abete nel deserto. Ogni essere vivente ha bisogno di un ambiente corrispondente alle sue necessità vitali. Un bambino ha bisogno di ascolto accogliente, di adulti che gli diano possibilità di scelta tra diverse attività, ma anche di confini chiari oltre i quali non possa andare, nel senso di “Puoi prendere uno qualsiasi di questi oggetti, ma solo uno alla volta e solo se nessun altro bambino lo sta già usando”.
Molti bambini non sono in grado, agli inizi della frequenza alla scuola Montessori, di accettare questa regola o perché — incerti e timidi — non si decidono a scegliere o perché — inquieti, abituati al “tutto e subito” — non sono in grado di aspettare che il compagno abbia rimesso a posto l’oggetto. Eppure basta non imporre rigida obbedienza, proporre loro cose interessanti da fare, essere fermi nella richiesta di aspettare, ma lasciare loro il tempo di capire fino a che punto furberie, sotterfugi e piccoli dispetti in questa scuola non funzionino, e di scoprire a poco a poco il piacere di accettare le regole comuni e di essere amati senza smancerie né false lodi.
Nella scuola Montessori gli adulti non gridano, non puniscono, non mettono in evidenza gli sbagli; i compagni di conseguenza non giudicano, non disprezzano il compagno che sbaglia; spontaneamente lo aiutano, se necessario, in quel modo delicato e discreto che sanno usare i bambini immessi in un ambiente non violento, in una scuola di pace.
Il bambino indisciplinato, aggressivo e quindi infelice, a poco a poco migliora la sua condizione vitale e trasforma il proprio modo di comportarsi. Questo avviene tanto più facilmente quanto più è piccolo il bambino.
Secondo Montessori, la libertà non può essere concessa, né donata: va costruita a poco a poco fin dai primi anni attraverso l’esercizio quotidiano della scelta indipendente e dell’auto-correzione, del fare in prima persona e del sentire la fiducia degli altri nelle proprie capacità di verifica.
Scegliere, agire e rimettere a posto gli oggetti fin dal secondo anno di vita — come si fa nei Nidi Montessori — è il primo passo affinché il bambino si costruisca indirettamente il senso di responsabilità verso gli altri e verso l’ambiente.
 

Il fatto che esista un materiale per tipo obbliga necessariamente ad una rotazione nel suo utilizzo, che però non viene imposta dall’insegnante. Il bambino impara così a rispettare i tempi del suo compagno aspettando il suo turno, controllando l’impazienza ed imparando il valore della condivisione. Nel frattempo, autonomamente o invitato dall’insegnante, cerca un altro materiale che gli susciti interesse e curiosità.

Gli altri lavorano individualmente o in gruppo con altri materiali. In questa fascia d’età gioco e lavoro sono la stessa cosa.
I materiali e in genere ogni presentazione fatta dalla maestra sono soltanto il punto di partenza: imparo a usare un microscopio, la scoperta viene dopo; imparo l’uso corretto delle forbici a 3 anni, per poi usarle alla pari di una matita, cioè a usarle per tracciare una forma o la figura di un animale senza prima disegnarla, intorno ai 5 o 6 anni.
Usare il materiale Montessori è come imparare a usare un buon violino per poi suonare della musica. Non è considerato “creativo” usare il violino come un martello, né come un ponte mentre si gioca con i cubi. È “creativo” imparare a usare il violino correttamente per poter in seguito creare della musica.
Gli stessi materiali sensoriali o quelli in uso per la grammatica o per l’aritmetica consentono invenzioni e composizioni molto libere: tutto dipende dal clima di libertà che l’adulto ha saputo creare nella classe.
 
Un tablet in classe non fa scuola digitale. Una LIM in aula di per sé non rende moderna una scuola quando è usata per una classica lezione frontale. Consideriamo invece che gli sviluppatori delle più moderne applicazioni per smartphone le progettano usando carta, pennarelli e post-it. Non è la tecnologia che rende moderna una scuola, sono le idee e i principi che la scuola incarna.
Nella scuola Montessori molti materiali base, relativi alla sfera sensoriale o alla psicoaritmetica, a distanza di un secolo vengono adoperati dai bambini con lo stesso interesse ed entusiasmo del 1907. Entrati in uso stabile dopo innumerevoli osservazioni evidenti, rispondono in larga misura ai bisogni dei relativi piani di sviluppo e sono quindi molto funzionali. Per fare un esempio, le analisi grammaticale e logica sono rese interessanti e perfino divertenti in quanto legate al linguaggio vivo del bambino, al piacere di leggere e di sperimentare. Altri materiali — ad esempio quelli concernenti l’educazione cosmica o la storia — sono più suscettibili di ampliamenti e innovazioni che vengono da ricerche e scoperte attuali. Per esempio le presentazioni relative alla comparsa dei primi esseri umani e la striscia della vita sono state recentemente aggiornate in senso darwiniano da Telmo Pievani.
Il motto più importante nella pedagogia Montessori è: “Segui il bambino”. Se ci asteniamo da ogni giudizio verbale che lo umilierebbe, non trascuriamo la valutazione dei suoi bisogni, del buon andamento dei singoli e del gruppo e teniamo conto del fatto che il clima positivo della classe dipende in gran parte dalla qualità delle offerte messe a disposizione dei bambini, capiremo che non c’è nulla di vecchio, di noioso, di inutile tra i materiali offerti nelle scuole Montessori: i bambini li rifiuterebbero e semplicemente non li adopererebbero e noi, gli adulti sapienti, saremmo costretti a modificarli o a produrne altri.
 
Si parte dalla convinzione che l’autostima di ciascuno si costituisca attraverso la consapevolezza del proprio perfezionamento. La maggior parte dei materiali Montessoriani sono auto-correttivi: i bambini comprendono autonomamente gli errori commessi e si correggono, spinti a migliorarsi dalla motivazione personale e non attraverso un sistema basato sulla valutazione dell’insegnante.
 
Questo premette di formare gruppi di lavoro di età eterogenea: i bambini possono lavorare individualmente o costituire autonomamente un piccolo gruppo per mettere in atto progetti creativi e personalizzati. Il confronto in classe non avviene tra soli coetanei ma tra bambini “più grandi” e bambini “più piccoli”: i primi si confrontano costantemente con una fase della loro crescita già avvenuta e trasmettono le loro conoscenze ai piccoli, rielaborano in modo approfondito concetti già appresi, i secondi vengono continuamente stimolati dai più grandi, visti come punto di riferimento e “anticipazione” del loro prossimo futuro.
 
La scuola è un contesto sociale dove i bambini condividono lo stesso ambiente e gli stessi materiali. Diventa quindi naturale, oltreché indispensabile, l’ordine e il rispetto delle regole. Questo atteggiamento risponde comunque al bisogno interiore di ordine di ogni bambino.
Le competenze non gli mancheranno e se qualche argomento non è stato approfondito, avrà le capacità di studio e di concentrazione che rapidamente gli consentiranno di rimediare alla lacuna.
Invece di focalizzarsi su programmi e competenze, non dimentichiamo di mettere il bambino e le sue esigenze al centro della nostra attenzione, perché purtroppo non sempre si è attenti ai suoi sentimenti ed emozioni.
Innanzitutto cerchiamo di non fare trasferimenti a metà anno se non proprio ineludibili. I trasferimenti sono troppo penosi per l’improvvisa rottura di legami di amicizia e di simpatia. Inoltre, il bambino soffrirà per ciò che gli toccherà subire entrando di colpo in un gruppo ignoto, non potendo lavorare con i compagni come già faceva e così sentirsi il diverso. Ma questo sarebbe pesante per qualunque bambino, non solo per chi proviene da una scuola Montessori.
Agli esami che concludono un intero ciclo di lavoro non si verificano problemi di sorta. Anzi, nella maggioranza dei casi, i risultati sono i migliori, dato che spesso i bambini hanno una preparazione superiore, più libera, più approfondita, non affidata solo alla memoria, come spesso succede a chi è abituato a studiare in vista di un’interrogazione o prova di verifica.
Gli allievi di una scuola Montessori, piccoli o grandi che siano, agiscono con cose vere più degli altri, vivono situazioni reali, calme, non spendono le loro energie a difendersi di continuo, ma osservano molto, sono allenati ad auto-correggersi e non hanno paura di giudizi, né di correzioni ingiuste e umilianti. Insomma, non temono la verità.
Rispetto al dove si trovi la realtà, un commento di Brandon Kuczma su YouTube dice tutto: “«La scuola tradizionale è il mondo reale» è una delle cose più ignoranti che abbia mai sentito. È reale, se hai intenzione di lavorare in un cubicolo per il resto della tua vita, e questo è quanto.” (“«Public school is the real world» is one of the most ignorant things I have ever heard. It’s real if you’re gonna work in a cubicle the rest of your life, that’s about it”).